La classificazione, è il primo anello della “catena” di gestione dei rifiuti, è indispensabile conoscerne tutti gli aspetti dai diversi punti di vista:
- quello del produttore dei rifiuti che ne ha l’onere
- quello dei professionisti che forniscono i servizi di classificazione (analisi, test, relazioni tecniche ecc.)
- quello dei soggetti che gestiranno il rifiuto (già) classificato, utilizzando le documentazioni fornite dal produttore o effettuando verifiche aggiuntive
- quello degli organi di controllo
Due sono i punti nodali:
- il sistema di oneri e responsabilità connessi alla classificazione.
- La disciplina tecnica: le definizioni di legge, il Regolamento 1357/2014 e la Decisione 955/2014
Il primo è declinato nella norma, talvolta subisce ulteriori precisazioni nelle prescrizioni autorizzative ed assume una precisa connotazione nella (consistente) giurisprudenza dedicata.
La seconda appare lineare e schematica, ma la sua applicazione pratica pone spesso difficoltà ed incertezze, inoltre, in alcuni casi è insufficiente allo scopo, essa richiama esplicitamente o richiede comunque il ricorso ad altre norme (ad esempio: il Reg. 1272/2008 ed il Reg. 850/2004) o ad ulteriori riferimenti tecnici diversi.
Il quadro normativo e tecnico di riferimento è quindi molto vasto e complesso, richiede conoscenze multidisciplinari raramente possedute dai principali destinatari della norma (i produttori di rifiuti), determina oneri economici pesanti e, purtroppo, presenta ampie lacune.
Tra queste la ormai evidente vetustà dell’Elenco Europeo dei Rifiuti ed il suo disallineamento rispetto al Regolamento CLP 1272/2008.
La situazione attuale è poi condizionata dall’attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia Europea in merito ai quesiti presentati dalla Corte di Cassazione (ordinanza 37460 del 27 luglio scorso) inerenti i codici a specchio e le modalità da adottare nel processo di valutazione.
Né ha giovato il Regolamento 2017/997, inerente la valutazione della ecotossicità (HP14), la cui applicabilità differita, insieme all’avvenuta definitiva “decadenza” della Direttiva 67/548, di fatto, determina un’apparente temporanea “assenza” di criteri di valutazione.
In sintesi: complessità ed incertezza caratterizzano il quadro normativo attuale.
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